DDL Anticorruzione “Spazzacorrotti”

Di Marilisa De Nigris -

A seguito dell’approvazione della Camera dei Deputati nella seduta del 22 novembre 2018, il disegno di legge cd. DDL Anticorruzione – A.C.1189 recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), presentato dal Ministro della giustizia Bonafede, è stato trasmesso al Senato della Repubblica, dove ha assunto la numerazione A.S.955.

Il testo approvato si compone di 15 articoli suddivisi in due capi: il capo I (articoli 1-8) reca misure per il contrasto dei reati contro la Pubblica amministrazione nonché in materia di prescrizione del reato;  il capo II (articoli 9-15) prevede norme in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici.

In circa tre mesi di lavoro, il Ministero della Giustizia ha presentato ufficialmente il suo disegno di legge Anticorruzione, che dopo il via libera da parte del Consiglio dei Ministri è stato approvato alla Camera.

In un’ottica puramente parlamentare, particolarmente critica è stata la sezione dedicata al peculato, che dopo il passaggio al Senato, è stato oggetto di nuove modifiche.

Il ddl Anticorruzione è poi tornato alla Camera per una terza lettura dove è stato approvato in via definitiva.

Con un successivo emendamento è stato poi aggiunto anche il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio, che entrerà in vigore però nel 2020.

Sin dalle prime battute è stato possibile dedurre che la ratio dell’istituto è tesa in particolare a contrastare i reati contro la P.A. e sulla trasparenza di partiti e movimenti politici, ma contiene anche la riforma della prescrizione; si procede, dunque, al rafforzamento delle pene accessorie nei reati commessi contro la P.A. ai meccanismi di trasparenza per i finanziamenti a partiti, fondazioni ad essi collegati e associazioni.

Il primo aspetto rilevante riguarda l’incapacità perenne di contrattare con la pubblica amministrazione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i pubblici ufficiali. Introduzione, quindi, del cosiddetto “Daspo a vita nella Pubblica Amministrazione” per i condannati in via definitiva per reati legati alla corruzione.

Il testo in esame prevede, inoltre, un ampliamento del numero dei reati per cui scatterà l’interdizione perpetua: malversazione aggravata dal danno patrimoniale, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione propria, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione attiva, istigazione alla corruzione, peculato, concussione, abuso d’ufficio aggravato dal vantaggio o dal danno di rilevante gravità e traffico di influenze illecite.

Analizzando la questione da un punto di vista strettamente normativo-codicistico è stata disposta una modifica all’art. 317-bis del c.p. “Pene accessorie” inoltre, viene stabilita anche una sanzione accessoria dell’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio. La reclusione per un tempo non superiore a due anni o se ricorre la circostanza attenuante prevista dall’articolo 323-bis, primo comma (fatti di particolare tenuità), comporta l’interdizione e il divieto di contrattare con la PA temporanei, per una durata non inferiore a cinque anni né superiore a sette anni; sanzioni, ridotte,  anche nei confronti di chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. La riabilitazione sarà possibile, solo decorsi 7 anni e comunque la riabilitazione non avrà effetto sulle pene accessorie perpetue.

L’atto in esame ratifica e conferma, inoltre, l’introduzione della figura del «pentito o collaboratore di giustizia» rubricandolo all’art. 323-ter c.p.; non sarà punibile, colui che, denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili e concrete per assicurare la prova del reato e per individuare i responsabili, prima di essere a conoscenza delle indagini svolte, e comunque, entro quattro mesi dalla commissione del fatto. La non punibilità è subordinata alla messa a disposizione dell’utilità dallo stesso percepita o, in caso di impossibilità, di una somma di denaro di valore equivalente, ovvero all’indicazione di elementi utili e concreti per individuarne il beneficiario effettivo, entro il medesimo termine menzionato. La causa di non punibilità non si applica quando la denuncia è preordinata rispetto alla commissione del reato denunciato.

Pene inasprite per il pubblico ufficiale, come da modifica dell’art. 318 c.p. reclusione da tre a otto anni (anziché da uno a sei anni), che nell’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa.

I colpevoli di appropriazione indebita incorreranno nella reclusione da due a cinque anni e nella multa da 1.000 a 3.000 euro.

La legge, poi, prevede anche l’introduzione dell’agente sotto copertura: figura già utilizzata nelle indagini contro la criminalità organizzata ed il terrorismo. Gli “infiltrati” agiranno allorquando vi sia un sospetto di corruzione, anche a seguito di una segnalazione o un esposto. L’agente sotto copertura non è punibile se, al solo fine di acquisire elementi di prova, mette in atto condotte che costituirebbero reato. Durante l’esame in prima lettura alla Camera, però, è stato raggiunto un accordo per escludere dalle cause di impunibilità l’agente che ha agito in difformità dell’autorizzazione o in violazione di norme di legge.

Per ciò che attiene alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio, si è deciso di posticipare l’entrata in vigore del provvedimento nel 2020, in parallelo quindi con la della riforma del processo penale, i cui lavori parlamentari dovrebbero partire a breve. La norma prevede la sospensione della prescrizione dalla sentenza di primo grado o dal decreto di condanna.

La legge prevede anche ulteriori aspetti da menzionare, anche se in forma più sintetica: Intercettazioni, durante le indagini, poste in essere anche con l’utilizzo dei c.d. trojan, il provvedimento abroga la disposizione che ne limitava l’uso solo ai casi in cui vi era motivo di ritenere fosse in corso l’attività criminosa, ed uso dei captatori informatici consentito anche sui dispositivi elettronici portatili anche nei procedimenti per delitti contro la pubblica amministrazione puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Sono presenti all’interno del testo anche norme riguardanti la trasparenza, la tracciabilità e il controllo dei partiti, movimenti politici e fondazioni e associazioni a essi collegate. Partiti e movimenti politici avranno l’obbligo di rendicontazione in caso di elargizione di contributi in denaro complessivamente superiori nell’anno a euro 500 per soggetto erogatore, o di prestazioni o altre forme di sostegno di valore equivalente per soggetto erogatore. Sarà vietato ricevere contributi, prestazioni gratuite o altre forme di sostegno a carattere patrimoniale, in qualsiasi modo erogati, da parte di persone fisiche o enti che vogliano rimanere anonimi, dichiarandosi contrari alla pubblicità dei relativi dati. Vietato, altresì, ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero.

Infine, è stato modificato il D.l. n. 149/2013 a cui sono apportate diverse innovazioni in relazione alle dichiarazioni dei redditi di parlamentari, esponenti del governo e tesorieri di partito. Questi dovranno rendere pubbliche le donazioni di importo anno superiori a 500 euro, invece dei 5.000 previsti dalla legge vigente, ricevute direttamente o attraverso comitati di sostegno. Ne dovrà essere, al tempo stesso, data evidenza nel sito internet del Parlamento.

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