Decreto sicurezza e immigrazione

Di Antonio De Lucia -

Il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, coordinato con la legge di conversione 1º dicembre 2018, n. 132, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata», è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 2018, n. 281.

L’iter del provvedimento ha avuto inizio quando la Camera dei deputati, nel novembre 2018, aveva approvato il ddl 840/2018, c.d. “decreto sicurezza e immigrazione”.

Il testo pubblicato in Gazzetta coincide con quello inizialmente licenziato dal Consiglio dei Ministri, ad eccezione del solo art. 10, inizialmente rubricato “Sospensione del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale”, oggi riqualificato come “Procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale”.

Le principali novità in materia, introdotte recentemente hanno ad oggetto, essenzialmente, temi legati alla sicurezza dei cittadini e alla regolamentazione dell’immigrazione.

Il provvedimento interviene, innanzitutto, al fine di eliminare la sproporzione tra il numero di riconoscimenti delle forme di protezione internazionale già disciplinate a livello europeo, come lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, ed il numero di permessi di soggiorno rilasciati per motivi umanitari, agendo in particolare sulla discrezionalità nella concessione della tutela umanitaria, ed introducendo una tipizzazione dei casi di tutela, con indicazione di specifici requisiti per i soggetti richiedenti asilo.

Considerevole è, anche, l’introduzione di disposizioni dirette a migliorare la funzionalità e l’efficienza dell’Agenzia nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), anche attraverso un rafforzamento a livello organizzativo.

Volendo analizzare in modo più dettagliato alcuni elementi cardine del testo di legge, si può notare che il primo articolo contiene nuove disposizioni in materia della concessione dell’asilo.

Prima della conversione in legge del decreto le questure concedevano un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che adducevano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”, oppure alle persone che fuggivano da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in Paesi non appartenenti all’UE. La protezione umanitaria era riconosciuta anche a cittadini stranieri che non erano espellibili, perché sarebbero andati incontro a persecuzione nel loro Paese di origine (articolo 19 della legge sull’immigrazione), o in caso fossero vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta di persone. In questi casi il permesso aveva caratteristiche differenti. La durata era variabile da sei mesi a due anni ed era rinnovabile. Detta tutela è stata introdotta in Italia nel 1998.

La nuova norma prevede per questo permesso di soggiorno regole più stringenti: al posto della protezione umanitaria è previsto un permesso di soggiorno per alcuni “casi speciali”, per alcune categorie di persone come le vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, per i bisognosi di cure mediche perché in uno stato di salute gravemente compromesso o per chi proviene da un paese che si trova in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”.

È previsto, infine, un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile” con durata di due anni e non rinnovabile.

Gli stranieri che sono trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), ex Cie, in attesa di essere rimpatriati, con la nuova legge potranno essere trattenuti fino a un massimo di 180 giorni (precedentemente potevano essere trattenuti per un massimo di 90 giorni). Anche i richiedenti asilo potranno essere detenuti nei Cpr in attesa di essere identificati.

L’articolo 3 prevede che i richiedenti asilo possano essere trattenuti per un periodo di massimo trenta giorni nei cosiddetti hotspot e nelle strutture di prima accoglienza (Cas e Cara) per accertarne l’identità e la cittadinanza. In caso di controlli identificativi con esito negativo, anche i richiedenti asilo potranno essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) per 180 giorni, così che il richiedente asilo potrà essere trattenuto per 210 giorni al solo scopo di verificare e determinare la sua identità, senza che abbia commesso alcun reato. Le misure in esame, inoltre, presumibilmente saranno applicabili anche ai minori facenti parte di un nucleo familiare.

L’articolo 4, poi, prevede che gli irregolari possano essere trattenuti negli uffici di frontiera, qualora non ci sia disponibilità di posti nei Cpr, con l’autorizzazione del giudice di pace, su richiesta del questore, in attesa di essere rimpatriati con procedure di accompagnamento alla frontiera.

La legge prevede, inoltre, qualora ricorra la necessità, che il giudice di pace possa autorizzare la permanenza “in locali idonei” presso l’ufficio di frontiera fino all’esecuzione del rimpatrio, ma “non oltre le 48 ore”.

All’articolo 6 è previsto lo stanziamento di più fondi per i rimpatri: 500mila euro nel 2018, un milione e mezzo di euro nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020.

È estesa la lista dei reati che comportano la revoca dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Questo avviene quando il rifugiato è condannato in via definitiva per alcuni reati come minaccia o violenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, pratiche di mutilazione dei genitali femminili, furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo. La domanda potrà inoltre essere sospesa quando il richiedente abbia in corso un procedimento penale per uno dei reati che in caso di condanna definitiva comporterebbe il diniego dell’asilo. Inoltre, se il rifugiato tornerà nel Paese d’origine, anche temporaneamente, perderà la protezione internazionale e quella sussidiaria.

L’articolo 10 prevede un procedimento immediato davanti alla commissione territoriale, l’autorità amministrativa che si occupa di valutare le domande di asilo. Coloro che sono sottoposti a procedimento penale per alcuni tipi di reato, oppure sono stati condannati anche in maniera non definitiva, sono sottoposti a una procedura immediata davanti alla commissione territoriale, il ricorso eventuale non ha efficacia sospensiva e quindi la persona può essere immediatamente espulsa.

Un ulteriore emendamento ha previsto l’introduzione dell’articolo 7 bis che prevede l’istituzione dell’elenco dei Paesi di origine sicuri e la procedura per la domanda di protezione internazionale manifestatamente infondata. Con le modifiche introdotte si stabilisce che il Ministero degli Esteri – insieme al Ministero dell’Interno e della Giustizia – rediga una lista di Paesi di origine sicuri sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto d’asilo e da agenzie europee e internazionali (Easo, Unhcr, Consiglio d’Europa). Il richiedente asilo che proviene da uno dei Paesi della lista dovrà dimostrare gravi motivi che giustifichino la sua richiesta di asilo e la sua domanda di asilo sarà esaminata con una modalità accelerata.

Il Sistema per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (Sprar), il sistema di accoglienza ordinario, gestito dai comuni italiani, sarà limitato solo a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. Sarà quindi ridimensionato e cambierà nome. Gli altri richiedenti asilo saranno accolti dai Centri straordinari (Cas) e dai Cara.

L’articolo 13 prevede che i richiedenti asilo non si possano iscrivere all’anagrafe e non possano quindi accedere alla residenza.

Il testo di legge introduce la possibilità di revocare la cittadinanza a chi l’ha acquisita (straniero che ha acquisito la cittadinanza dopo dieci anni di residenza in Italia, apolide che ha acquisito la cittadinanza dopo cinque anni di residenza in Italia, figlio di stranieri nato in Italia che ha acquisito la cittadinanza dopo i 18 anni, coniuge di cittadino italiano, straniero maggiorenne adottato da italiano) nel caso abbia commesso alcuni reati connessi al terrorismo. La revoca è possibile entro tre anni dalla condanna definitiva per reati legati al terrorismo, per decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno.

Il termine per la conclusione dei procedimenti di concessione della cittadinanza è prolungato da 24 mesi a 48 mesi.

Tra le altre novità, si segnala la previsione di un nuovo reato di “accattonaggio molesto, che punisce con l’arresto da tre a sei mesi e con una multa da 3mila a 6mila euro chi esercita l’accattonaggio con modalità vessatorie e simulando deformità o malattie o attraverso “mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà”, sanzionando anche chi organizza l’altrui accattonaggio con l’arresto da uno a tre anni. L’esercizio di attività di parcheggiatore abusivo viene, poi, sanzionata come reato nei casi di reiterazione o di utilizzo di minori, con previsione della pena dell’arresto, da sei mesi a un anno, e dell’ammenda, da 2 mila a 7 mila euro. A seguire, è introdotta la previsione di una sanzione amministrativa, da mille a quattromila euro, per chi impedisce la libera circolazione su strada ordinaria, ostruendo la stessa con il proprio corpo, con sanzione applicabile anche ai promotori ed agli organizzatori del blocco stradale.

Tra le ulteriori modifiche, si segnala la previsione che introduce consistenti contributi statali ai Comuni per accedere ai sistemi di videosorveglianza, nonché l’estensione della dotazione ai Comuni, in via sperimentale, di armi a impulsi elettrici.

Infine, il testo prevede anche il divieto, per chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni, di circolare con un veicolo immatricolato all’estero, con previsione, in caso di inottemperanza, di una sanzione amministrativa pecuniaria di 712 euro.

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