Il Paradosso di Montevideo: le misure alternative alla detenzione come strumento di lotta al crimine organizzato.

Di Giovanni Tartaglia Polcini -

Contrastare il sovraffollamento carcerario costituisce oltre che un mezzo di tutela dei diritti umani, uno strumento indispensabile per evitare l’infiltrazione del crimine organizzato nelle carceri che, rese più efficienti, consentono di dedicare circuiti penitenziari speciali ai più pericolosi detenuti, evitando reclutamento, proselitismo e che i centri penali si trasformino in scuole del crimine.

Un sistema sovraffollato e privo di classificazione impedisce il funzionamento di istituti giuridici come quello previsto dall’Art.41 bis dell’ordinamento penitenziario italiano ed ostacola il perseguimento di concrete finalità rieducative della pena (art.27 comm. 3 della Costituzione).

Segnatamente, molti Stati registrano un sovraffollamento carcerario che a volte raggiunge livelli allarmanti.

Il sovraffollamento costituisce di per sé un male per la società, in quanto oltre a ledere la dignità umana delle persone private della libertà, impedisce o rende di difficile attuazione la corretta esecuzione dei programmi di reinserimento sociale, la separazione fisica tra detenuti ritenuti pericolosi e delinquenti di minore gravità o comuni.

In particolare, il sovraffollamento ostacola il processo di identificazione dei profili dei detenuti, la loro classificazione, la gestione e la diversificazione della popolazione carceraria in base ai vari livelli di pericolo, ed impedisce – di conseguenza –  una corretta organizzazione di un regime detentivo differenziato.

Numerosi studi internazionali sottolineano che il carcere non può essere considerato come l’unica soluzione per affrontare la delinquenza e dimostrano che spesso esso diventa una vera e propria “scuola del crimine”, o come pure si legge in letteratura, un’università del delitto, favorendo la proliferazione di gruppi criminali che agiscono dalle prigioni, all’interno e all’esterno delle mura carcerarie, mettendo in pericolo la sicurezza dei detenuti e della società nel suo complesso.

Diverse sono le organizzazioni criminali che sono sorte e si sono rafforzate all’interno del carcere facendo leva sulle debolezze del sistema dovuto all’elevato sovraffollamento.

Per questo motivo uno dei compiti principali da assolvere è costituito dalla necessità di supportare la previsione e l’attuazione di misure alternative alla privazione della libertà, considerandole fondamentali per:

A. ridurre significativamente il problema del sovraffollamento (decongestionare i sistemi carcerari);

B. concentrare l’attenzione sulle persone private della libertà personale socialmente più pericolose, che possono potenzialmente reclutare i propri affiliati all’interno del carcere.

Per queste ragioni, si deve considerare che le misure alternative non costituiscono assolutamente uno sconto di pena per le Persone Private della Libertà bensì, da questo punto di vista, uno strumento essenziale nella lotta alla criminalità organizzata.

In sintesi, il problema del sovraffollamento delle carceri comporta tre conseguenze principali:

  1. Incide sui Diritti Umani. Tenendo conto dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il sovraffollamento mette a repentaglio il raggiungimento di molti suoi obiettivi e non solo in quelli riportati nel goal n. 16, bensì anche di quelli presenti nei n.1, 2, 3, 5, 6, 8, e 10. Nessuno può negare che il sovraffollamento carcerario produca conseguenze negative sulla povertà, benessere, istruzione, uguaglianza di genere, igiene, lavoro dignitoso, riduzione delle disuguaglianze sociali.
  1. Impedisce un impegno efficace per il recupero e reinserimento della Persona Privata della Libertà, con conseguenze dirette sulla sicurezza dei cittadini, perché i detenuti che tornano in libertà dopo un’esperienza carceraria sono spesso molto più pericolosi rispetto a quando sono entrati in prigione.
  1. Contribuisce a creare le condizioni per favorire l’infiltrazione di gruppi criminali nelle carceri che diventano scuole del crimine, università del crimine, in cui gli appartenenti alle maras (Barrio 18, Salvatrucha, pandillas, gangs, cartelli, gruppi criminali transnazionali come il Primeiro Comando da Capital [PCC]) praticano proselitismo, reclutamento, radicalizzazione e formazione di detenuti comuni o sottoposti alla prima condanna della loro vita, che ritornano alla libertà come nuovi soldati al servizio delle mafie.

In alcuni casi, le prigioni si trasformano in veri e propri quartieri generali dei gruppi criminali: dal carcere vengono commissionati reati gravi come i traffici illeciti, le tratte, omicidi ed estorsioni.

Ciò è favorito dalla mancanza di controllo dovuto all’elevato tasso di sovraffollamento, dai contatti con i detenuti che ritornano in libertà e dall’incapacità dei sistemi penitenziari di impedire le comunicazioni all’interno del carcere e dal carcere verso l’esterno.

Quali sono le possibili risposte a queste sfide?

  1. In primo luogo, occorre lavorare per un cambiamento di scenario che dovrebbe essere sostenuto guardando al sistema giudiziario penale nel suo complesso per decongestionare il numero dei detenuti nelle carceri.
  1. Allo stesso tempo, le misure alternative alla detenzione dovrebbero essere affrontate come una tema trasversale che necessita di una visione olistica, di un forte coordinamento e di un cambiamento culturale condiviso tra tutti gli attori coinvolti nel problema, anche attraverso la comunicazione per favorirne l’implementazione.

Grande importanza sul piano della comunicazione, infine, per favorire il successo dell’implementazione delle misure alternative, va conferita al tema dei costi economici della detenzione, che sono risultati statisticamente superiori a quelli che si sopportano a livello istituzionale in caso di misure alternative alla detenzione. Nel contempo, è stato evidenziato come il tasso di recidiva per gli ammessi alle misure alternative sia di molto inferiore rispetto ai detenuti intramurari.

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