LA CONDIZIONE DI SUPERSTITE DI VITTIMA DEL DOVERE. La sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 22753/2018 del 3.07.2018 (dep. 25.09.2018)
Di Andrea Racca -
Sommario: 1. La qualità di superstite di vittima del dovere; 2. L’esame della norma; 3. Le due contro-tesi del caso oggetto di vaglio; 4. Le conclusioni.
La qualità di superstite di vittima del dovere
A distanza di quasi quarantacinque anni dalla tragica morte del militare G. I., militare di leva in missione di lancio con il paracadute, che il 9 novembre 1971 era rimasto vittima della sciagura aerea avvenuta nel tratto di mare della Meloria (Livorno), la Suprema Corte di Cassazione in composizione Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 22753/2018 depositata in data 25 settembre 2018, ha negato alle sorelle della vittima, quali controricorrenti e parenti non conviventi, né a carico del militare al momento della sua morte, il riconoscimento della qualità di superstiti di vittima del dovere, così ad essere inserite nell’apposito elenco di cui all’art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 243 del 2006 al fine di fruire dei benefici previsti dalla normativa vigente.
Il Supremo consesso ha, infatti, ribaltato l’interpretazione offerta prima dal Tribunale di merito e poi dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, che avevano ritenuto sussistente la legittimazione sostanziale al beneficio delle sorelle del militare, anche se non conviventi e non a carico del fratello deceduto. I primi due gradi di giudizio avevano disatteso, infatti, la tesi dei Ministeri dell’Interno e della Difesa, secondo cui l’art 82 della L. 388/2000, norma inserita tra le disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, che aveva esteso i benefici previsti dalla precedente L. 302 del 1990 anche ai fratelli e alle sorelle sia pure non conviventi, che risultava non applicabile alle vittime del dovere in quanto non richiamata nella Legge 266/2005.
La Corte territoriale aveva osservato, invece, che contrariamente a quanto affermato dai Ministeri, doveva tenersi conto del richiamo alla legge n. 466 del 1980 (relativa ai dipendenti pubblici e cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche) da parte dell’art. 82, I e IV comma della legge n. 388 del 2000 con la conseguenza che, dovendo trovare applicazione anche alle vittime del dovere (oltre che alle vittime della criminalità organizzata e del terrorismo) la L. n. 466/1980 nella sua interezza, non avrebbe potuto non tenersi conto anche della modifica operata dall’art 82, IV comma, L. n. 388/2000, che aveva aggiunto tra i beneficiari i fratelli e le sorelle non conviventi.
Per altro la Corte di Cassazione, già con una precedente pronuncia, sempre a sezioni Unite n. 23300/2016 aveva riconosciuto la natura assistenziale dei benefici a favore delle vittime del dovere, consistente in un sostegno che lo Stato offre a chi abbia subito un’infermità o la perdita di una persona cara a causa della prestazione di un servizio in favore di amministrazioni pubbliche, da cui siano derivati particolari rischi. La richiamata pronuncia precisa ulteriormente che “tale diritto non rientra nello spettro di diritti e doveri che integrano il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Si tratta infatti di un diritto, che si colloca fuori e va al di là di tale rapporto, contrattualizzato o meno che esso sia, potendo riguardare anche soggetti, che con l’amministrazione non abbiano un rapporto di lavoro subordinato, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio”. Tuttavia la pronuncia, oggetto del presente commento, precisa inoltre che il riconoscimento dei benefici anche ai c.d. fratelli germani non conviventi, né a carico, determinerebbe il venir meno il fine del carattere assistenziale dei benefici, che rappresenta l’imprescindibile l’obbiettivo teleogico della norma.
L’esame della norma
Infatti, il chiaro tenore letterale dell’art 82 citato, la cui portata applicativa costituisce oggetto specifico della questione posta dall’ordinanza interlocutoria della Cassazione Sezione Lavoro, consente di escludere che le sorelle della vittima possano rientrare nella qualità di superstiti accolta da detta norma e che, comunque, l’art 82 citato fornisca la nozione di superstite valida al di fuori delle ipotesi da essa disciplinate e, dunque, in generale con riferimento alle vittime del dovere. L’art 82 citato, intitolato alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, al comma primo stabilisce che “al personale di cui all’art. 3 della legge 13 agosto 1980 n. 466, ferito nel adempimento del dovere a causa di azioni criminose, ed ai superstiti dello stesso personale, ucciso nelle medesime circostanze, nonché ai destinatari della legge 20 ottobre 1990, n. 302, è assicurata a decorrere dal 1 gennaio 1990 l’applicazione dei benefici previsti dalla citata L. 302 del 1990 e dalla L. 23 novembre 1998 n. 407”. Al comma 4, dopo aver previsto a favore dei “superstiti di atti di terrorismo” la riliquidazione del beneficio di cui alla L. n 466/1980, tenendo conto degli aumenti di cui alla L. 302/1990, al primo capoverso estende i benefici i di cui alla Legge n. 302/1990 spettanti ai familiari delle vittime di atti di terrorismo in assenza dei soggetti indicati al primo comma dell’art. 6 della Legge 13 agosto 1980 n. 466, e successive modificazioni, nell’ordine ai seguenti soggetti superstiti: orfani, fratelli o sorelle o infine ascendenti in linea retta, anche se non conviventi e non a carico.
L’esame della norma evidenzia che la sua rubrica contiene l’enunciazione che trattasi di disposizione in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata; che i destinatari della norma sono il personale di cui all’art 3 L. 466/1980 (Speciali elargizioni a favore di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche) ed i suoi superstiti, nonché ai destinatari della L. 302/1990 (Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata), ma la norma richiede, ulteriormente, con riferimento alla prima categoria di destinatari, che sia rimasto ferito o sia deceduto “nell’adempimento del dovere a causa di azioni criminose”, che, infine, nell’ampliare la platea dei destinatari dei superstiti anche ai germani non conviventi o a carico, è specificato che i benefici a questi estesi sono quelli di cui alla L. n. 302/1990 unicamente “spettanti ai familiari delle vittime di atti di terrorismo”. La norma, dunque, delinea una specifica categorie di vittime del dovere ovvero le vittime rese invalide o decedute, per una particolare e ben specifica causa, cioè tali a causa di “azioni criminose” ed attribuisce ad esse ed ai familiari superstiti (ivi indicati) i benefici previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
I citati elementi testuali non consentono dunque di trarre, come preteso dalle sorelle, un principio generale di estensione a tutte le vittime del dovere della nozione di superstite individuata dalla disposizione in esame. Il richiamo alla L. 466/1980, contenuto nel primo comma e nel quarto comma, che è rivolta anche alle vittime del dovere e che costituisce la disciplina di base della categoria, non autorizza a ritenere, come preteso dalle controricorrenti, che l’art 82 sia estensibile a tutte le categorie di vittime del dovere – che risulta ora ulteriormente specificata dall’art 1, comma 563, della L n 266/2004 e non già soltanto alle vittime del dovere “a causa di azioni criminose” e che, pertanto, solo entro tali limiti possono essere equiparate alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata ai fini dell’applicazione dell’art 82 citato.
Non consente di pervenire a diverse conclusioni neppure l’esame delle norme dettate con specifico riferimento alle vittime del dovere dalla L. n. 266/2005 e dal successivo regolamento. In particolare l’art 1, comma 562, annuncia la volontà del Legislatore di estendere progressivamente i benefici, già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a tutte le vittime del dovere, come identificate, ed a tal fine autorizza un limite massimo di spesa a partire dall’anno 2006. Mentre il comma 563 identifica la categoria delle “vittime del dovere allargando il perimetro dei soggetti beneficiari di cui all’art. 3 della legge n. 466 del 1980 (magistrati e forze dell’ordine) a tutti gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito invalidità permanente in occasione di taluni eventi di servizio tipizzati; a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità”.
Del resto il comma 564 estende il novero delle vittime del dovere includendovi anche i militari i quali abbiano contratto le infermità invalidanti o siano deceduti in occasione o a seguito di missioni di qualsiasi natura, che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative; mentre il comma 565, infine, rimette ad un successivo regolamento (ovvero D.P.R. n. 243 del 2006) la disciplina dei termini e delle modalità per la corresponsione delle provvidenze, entro il limite massimo di spesa stabilito al comma 562, ai soggetti di cui ai commi 563 e 564 ovvero ai familiari superstiti.
Pertanto, in attuazione di quanto previsto dal comma 565 è stato emesso il D.P.R. n. 243 del 2006 rubricato “Regolamento concernente termini e modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, a norma dell’articolo 1, comma 565, della L. 23 dicembre 2005, n. 266”. Ai sensi dell’art. 1 del predetto D.P.R., devono intendersi: “a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle leggi 13 agosto 1980, n. 466, 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e 3 agosto 2004, n. 206; b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente; c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio, che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di servizio”.
Le due contro-tesi del caso oggetto di vaglio
Tutto ciò premesso, ritornando nel caso oggetto di vaglio, con ordinanza interlocutoria del 17 gennaio 2018 la sezione lavoro della Corte di Cassazione aveva richiesto la rimessione della questione alle Sezione Unite Civili, proprio ravvisando un contrasto nel complesso quadro normativo di riferimento appena descritto. L’ordinanza interlocutoria citata rilevava che la legge in esame pareva non forniva specificatamente la nozione di superstite e che, secondo una prima impostazione, fatta propria dai Ministeri controparte delle controricorrenti e parenti della vittima, i superstiti di cui all’art. 1, comma 565, della L. n. 266 del 2005 erano solo quelli indicati nell’art. 6 della L. n. 466 del 1980 (come modificato dalla I. n. 720 del 1981) e dunque solo “fratelli e sorelle se conviventi a carico” .
D’altro canto, l’interpretazione accolta, invece, dai giudici di prime cure era invece fondata sul rilievo che l’art. 6 della L. 466/1980 fosse stato implicitamente riformulato con l’ampliamento del novero dei superstiti anche ai fratelli e alle sorelle non a carico e non conviventi con la vittima, in forza dell’art. 82, commi I e IV, della L. n. 388/2000, inserita tra le disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, ma da ritenersi applicabile anche ai superstiti dei dipendenti pubblici vittime del dovere di cui all’art. 1, comma 564, della L. n. 266 del 2005.
L’individuazione dei familiari superstiti di vittime del dovere, mancando una specificazione nella normativa di cui alla L. 266/2005 , pare infatti permettere due diverse interpretazioni, circa la corretta interpretazione dell’art. 82 (la cui rubrica recita “disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”) di cui alla L. n. 388/2000 ed alla possibilità di estendere o meno i benefici previsti dalla normativa così anche ai fratelli e sorelle non conviventi.
Per una parte, secondo i Ministeri ricorrenti risultava applicabile alle vittime del dovere di cui alla L. n. 266/2005 la sola precedente normativa dettata dall’art 6 della L .n. 466/1980, per la quale è richiesta la convivenza, non essendo la L. n. 388/2000, ed il suo art. 82 citato, richiamata dalla L. 266/2005 e riguardando esplicitamente le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e non già le vittime del dovere. A tal riguardo i Giudici di piazza Cavour hanno specificato, in via incidentale, che non sembra ipotizzabile il pericolo di una violazione dell’art. 3 Cost. nella previsione di diverse platee di superstiti beneficiari in relazione alle differenti categorie considerate dal legislatore. Appare difficile, infatti, un confronto sulla base del principio di uguaglianza, considerato che si tratta di erogazioni speciali previste per determinate categorie, portatrici di diritti posti a presidio di differenti valori, sia pure di rilevanza costituzionale.
Secondo tale impostazione, infatti, il sistema normativo non ha provveduto ad un’integrale unificazione della categoria delle vittime della criminalità e delle vittime degli atti terroristici con quella delle vittime del dovere, in quanto ha solamente programmato una progressiva estensione dei benefici previsti per gli appartenenti alle due prime categorie a quella delle vittime del dovere, individuate dalla L. n. 266 del 2005. Detta legge avrebbe, in altri termini, introdotto la “nuova” categoria delle vittime del dovere, realizzando solo un’estensione di quella dei dipendenti pubblici beneficiari delle previsioni della L. n. 466 del 1980. In essa si prevede, infatti, che anche a tali vittime vada esteso il novero dei benefici di cui alle leggi n. 302 del 1990, n. 407 del 1998, e loro successive modificazioni, nonché la L. 206/2004. Pertanto, per l’identificazione dei superstiti occorre, secondo tale orientamento, attenersi unicamente alla formulazione dell’art. 6 della L. n. 466 del 1980, come modificato dall’art. 2 della L. n. 720 del 1981.
Per parte contraria, secondo le controricorrenti, i Ministeri non tengono conto che l’art 82 L. n. 388/2000 (ai commi I e IV) richiama la L. 466/1980 e che quest’ultima è inerente anche ai dipendenti pubblici e cittadini “vittime del dovere”, come emerge sia dal titolo della stessa legge sia dalla definizione di vittime del dovere contenuta nell’art. 1, definizione poi aggiornata dal testo dell’art. 1 comma 562 e seguente L. n. 266/2005. Ne consegue che, secondo questa impostazione, poteva ritenersi ammissibile la scelta della Corte territoriale, che estendeva il beneficio, dovendo trovare applicazione anche alle vittime del dovere, oltre che alle vittime della criminalità e del terrorismo, la L. n. 466/1980 nella sua interezza, non potendo non tenersi conto della modifica introdotta dall’art. 82 L. 388/2000, che ha aggiunto tra i beneficiari i germani non conviventi. Secondo, dunque, le sorelle del militare deceduto detta normativa specifica avrebbe realizzato l’unificazione della categoria delle vittime del dovere con quella delle vittime della criminalità e degli atti terroristici, in particolare esse ponevano l’attenzione al richiamo contenuto nella norma alla L.n. 466/1980.
Conclusioni
Le Sezioni Unite, tuttavia, ricostruendo a fondo il dato normativo di riferimento e ordinando le modifiche introdotte dalla successione di leggi intercorsa hanno ritenuto non ravvisabile un principio generale di estensione a tutte le vittime del dovere della nozione di superstite individuata dalla disposizione in esame. Il richiamo infatti alla L. 466/1980, contenuto nel primo comma e nel quarto comma, che è rivolta anche alle vittime del dovere e che costituisce la disciplina di base della categoria, non autorizza a ritenere, che l’art 82 sia estensibile a tutte le categorie di vittime del dovere. Il progressivo raggiungimento del fine di uniformare i benefici espresso nel comma 562 della L. n. 266 del 2005, così come evidenziato dall’ordinanza interlocutoria, non necessariamente contrasta con “una modulazione differenziata per categorie della sfera dei superstiti beneficiari, la quale può ben essere giustificata da peculiari considerazioni legate, ad esempio, al particolare allarme e rilievo sociale che assume l’atto terroristico, oppure, diversamente, dal bene che si ritiene il legislatore abbia voluto tutelare. La diversità di fattispecie ben può giustificare il riconoscimento di benefici solo a talune categorie”. Sulla base di questa argomentazione la previsione di una platea di destinatari più ampia, in cui si prescinde dal requisito della convivenza, può trovare proprio la sua giustificazione nella diversità di situazioni, rispetto alle vittime del dovere. Nel primo caso il danno è provocato da un evento che attacca, attraverso il soggetto colpito, lo Stato nella sua integrità la vittima, che non è legata ad alcun tipo di rapporto, né ha fornito alcun tipo di servizio alle pubbliche amministrazioni. La tutela della vittima del dovere, viceversa, nasce dall’esigenza di fornire un adeguato ristoro a coloro che, nell’esercizio del loro dovere, al ricorrere di determinate condizioni, siano colpiti da un imprevedibile evento in occasione di un servizio reso in favore di pubbliche amministrazioni. Pertanto, in questo caso la scelta legislativa circa l’individuazione dei beneficiari superstiti è caduta solo su coloro che risultavano a carico o convivevano con il soggetto colpito (art. 6, l. n. 466 del 1980, come integrato dall’art. 4 , comma 2, I. n. 302 del 1990). In tal guisa, secondo la Cassazione i benefici, concessi in virtù del principio assistenziale di cui agli artt. 4, 32 e 38 Cost., vanno solo ed esclusivamente a favore dei superstiti che in qualche modo godevano o comunque contavano sul reddito del soggetto colpito dall’evento.
Quanto al richiamo contenuto nel regolamento alla L. 466/1980, premesso che il regolamento non avrebbe potuto che uniformarsi ai principi fissati nella L. n. 266/2005 ed ai limiti di spesa ivi previsti, le Sezioni Unite aderiscono a quanto affermato dai Ministeri, secondo cui il regolamento si limita a stabilire l’estensione in favore delle vittime del dovere e delle categorie a queste equiparate, nonché dei rispettivi familiari superstiti delle provvidenze di cui alle leggi 13 agosto 1980 n 466; 20 ottobre 1990, n. 302, 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e 3 agosto 2004, n. 206. Di per sé già l’ordinanza interlocutoria della Cassazione Sezione Lavoro aveva, altresì, già evidenziato che le leggi successive (n. 222 del 2007 di conversione del D.L. n. 159 del 2007), mantenendo la tecnica della previsione per categorie separate propria della L n. 266 del 2005 e delle normative precedenti, dimostrano il preciso permanere della distinzione tra le diverse tipologie di vittime del dovere e di servizio, seppure equiparato, e quello delle vittime della criminalità e del terrorismo, fermo restando il fine di estendere i benefici dell’una verso l’altra, sicché l’art. 82, comma quattro seconda parte, laddove si riferisce ai soli familiari delle vittime di atti di terrorismo testualmente limita l’estensione a tale unica categoria.
In definitiva statuiscono le sezioni Unite nella sentenza in esame, in modo chiaro e preciso che la normativa in esame non ha unificato la categoria delle vittime del dovere con quella delle vittime della criminalità e degli atti terroristici, ma ha solo fissato l’obiettivo del progressivo raggiungimento del fine di uniformare i benefici con la conseguenza, che l’individuazione della categoria dei superstiti non può trarsi dal disposto dell’art 82 della L n 388/2000, che si rivolge specificamente ai soli familiari di atti di terrorismo.
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c) l’attestazione che le operazioni di cui alle lettere a) e b) sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati o diffusi, eccettuato il caso in cui tale adempimento si rivela impossibile o comporta un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato.
4. L’interessato ha diritto di opporsi, in tutto o in parte:
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