La Consulta evidenzia la mancata ottemperanza del Principio di Legalità relativamente a quanto previsto dalla “Spazzacorrotti”

Di Marilisa De Nigris -

L’ Ufficio Stampa della Corte Costituzionale, con il Comunicato del 12 febbraio 2020, ha reso nota la dichiarata illegittimità costituzionale della Legge 9 gennaio 2019 n.3, in relazione alla retroattività.

In effetti, la Corte Costituzionale, riunita in Camera di Consiglio, ha analizzato le eccezioni poste da alcuni giudici in merito alla retroattività della Legge 9 gennaio 2019, n. 3 (cosiddetta Spazzacorrotti operante in materia di prescrizione del reato di corruzione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici), che ha esteso ai reati contro la pubblica Amministrazione le preclusioni previste dall’articolo 4 bis dell’Ordinamento penitenziario recante il “Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti”, rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione.

In particolare, i giudici di merito hanno rilevato la mancanza di una disciplina transitoria che ostacoli l’applicazione delle nuove norme ai condannati per un reato commesso in epoca anteriore rispetto all’entrata in vigore della Legge 9 gennaio 2019 n.3.

In particolare  La Corte Costituzionale ha preso atto del fatto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate in modo retroattivo, e che tale principio è stato fino ad ora seguito dalla giurisprudenza, finanche con riferimento alla Legge n. 3 del 2019.

La Corte ha dichiarato tale interpretazione costituzionalmente illegittima, in riferimento:

  • alle misure alternative alla detenzione,
  • alla liberazione condizionale,
  • al divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna.

In attesa del deposito della sentenza, previsto nelle prossime settimane, il Palazzo della Consulta, nel suo comunicato, spiega che l’applicazione retroattiva è essenzialmente incompatibile con quanto deducibile dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione a tenore del quale “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

Secondo la Corte, infatti, “l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione”.

Si allega comunicato Comunicato_ILLEGITTIMA L’APPLICAZIONE RETROATTIVA DELLA LEGGE

Si allega il file in PDF La Consulta evidenzia la mancata ottemperanza del Principio di Legalità relativamente a quanto previsto dalla “Spazzacorrotti”

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