PREVISIONI DI CONTRASTO AI FENOMENI DI CYBER-BULLISMO NELLA L.71/2017 (Gazz. Uff. n. 127 del 03/06/2017).
Di Andrea Racca -
Contrariamente a quanto voleva far intendere una parte di dottrina espressasi subito dopo l’emanazione della L. n. 71 del 29 maggio 2017, volta ad introdurre misure di carattere essenzialmente preventivo avverso i fenomeni che negli ultimi anni hanno sempre più destato l’attenzione della cronaca, di cyber-bullismo, la norma in esame, non avendo carattere precettivo, introduce soli strumenti preventivi, nonché meccanismi volti ad evitare l’immediata attivazione dei procedimenti penali, al fine di salvaguardare lo sviluppo psicofisico dei minori protagonisti, quali vittime e responsabili, tuttavia senza sottovalutare o minimizzare la gravità di tali fenomeni. L’iter parlamentare che ha portato all’approvazione della novella legislativa, acquisendo i risultati delle ricerche ISTAT e CENSIS[1], è approdato ad una definizione allargata di cyber-bullismo (ex art. 1 L.71/2017) come qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo[2].
L’assenza di tipizzazione di una nuova fattispecie incriminatrice non esclude, tuttavia, che i comportamenti previsti da tale articolo possano integrare più fattispecie dell’ordinamento penale attualmente vigente[3]. La definizione offerta dal primo articolo, oltre a palesarsi in maniera atecnica, sembra soffermarsi alla sola versione cibernetica del fenomeno, non integrando le ipotesi tradizionali di bullismo, acquistando pertanto un valore programmatico. Diversamente parrebbe alquanto discutibile la scelta del legislatore di non far confluire nel testo anche la previsione del fenomeno tradizionale, emersa peraltro durante i lavori parlamentari alla Camera, preparatori all’approvazione della legge n. 71, che integravano invece la definizione tradizionale di bullismo, quale “l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, idonee a provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni per ragioni di lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, aspetto fisico, disabilità o altre condizioni personali o sociali della vittima»[4]. Allo stesso modo, dal punto di vista sostanziale emergono incontestabili connessioni con le previsioni del delitto di atti persecutori, che paiono non essere state raccolte dalla L.17/2017: infatti laddove l’art. 612 bis c.p. richiede che le condotte reiterate di minaccia o di molestie abbiamo l’effetto di cagionare un perdurante stato di grave ansia o di paura, ovvero un fondato timore per l’incolumità propria o altrui, allo stesso modo una reiterata condotta di bullismo può ingenerare nella vittima una tal simil sofferenza.
Ciò che a contrario pare emergere dal testo approvato nella sua versione finale, a parte il fatto che non vengono comunque tipizzate le singole condotte di cyber-bullismo, a cui per un esame specifico rimando al testo di Willard, Cyberbulling and cyberthreats[5], risulta la radicale gravità della persecuzione virtuale, che non si arresta nel momento in cui la vittima abbandona il luogo sociale condiviso con i bulli, tanto che immediatamente dopo l’immissione in rete anche l’autore della pubblicazione perde il controllo sul contenuto offensivo diffuso, che potenzialmente fruibile illimitatamente, può creare un danno esponenziale alla vittima.
Offerte queste considerazioni critiche, la legge varata getta indubbiamente le premesse per una prevenzione del fenomeno che deve passare principalmente attraverso l’istituzione scolastica e l’Autorità garante per le comunicazioni, che ciascuna nei propri ambiti di competenza, devono vigilare circa la dilagazione del fenomeno.
2. Obiettivi e finalità.
La Legge in esame si struttura sostanzialmente intorno a due esigenze fondamentali: i) delineare strumenti preventivi a carattere generale, volti a contrastare il realizzare fenomeni di tale tipologia, con particolare riferimento agli ambienti scolastici; ii) definire strumenti repressivi e risocializzanti di natura cautelare e ripristinatoria, finalizzati ad eliminare le conseguenze offensive delle condotte di bullismo, ponendo gli artefici in meccanismi risocializzanti anche mediante l’attivazione del procedimento penale.
In ordine al primo obiettivo, l’art. 3 della L. 71/2017 prevede l’istituzione di un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyber-bullismo, cui viene assegnato il compito di definire un piano d’azione integrato per il contrasto e la prevenzione del fenomeno, nonché la realizzazione di un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio del fenomeno in rete. Finalità precipua di tale introduzione risulta l’attivazione di iniziative di informazione prevenzione rivolte ai cittadini, con il coinvolgimento dei servizi socio-educativi e scolastici. Mentre dal punto di vista istituzionale spetterà, invece, al Governo e all’Autorità Garante per le comunicazioni allestire periodiche campagne divulgative, di prevenzione e sensibilizzazione attraverso i principali mezzi di comunicazione (televisione, internet). L’articolo 4 della predetta legge, continuando sulla linea di demarcazione già varata con la L. 107/2015 (c.d. Legge Buona Scuola)[6] individua nel MIUR un ruolo centrale nell’attività di monitoraggio e prevenzione del cyber-bullismo, con il compito di adottare e aggiornare a cadenza biennale le linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto di fenomeni prevaricatori nelle scuole, le quali devono inizialmente prevedere la formazione del personale scolastico, il coinvolgimento della componente studentesca nelle attività preventive, nonché un sistema di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti (art. 4 comma 2)[7].
Per quanto riguarda la seconda categoria di interventi individuati dalla L.71/2017, ovvero i rimedi attivabili successivamente alla verificazione di episodi di cyber-bullismo, occorre innanzitutto riferire all’art. 5 della novella legislativa, che impone al dirigente scolastico che sia venuto a conoscenza di atti di bullismo l’obbligo di informare tempestivamente i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale dei minori coinvolti, salvo che il fatto costituisca reato, in tal caso oltre l’obbligo di informare i genitori, al dirigente scolastico scatterà anche il dovere (obbligo) di informare le autorità giudiziarie. Secondo la previsione dell’art. 331 c.p.p., infatti, il pubblico ufficiale e gli incaricati di pubblici servizi, che nell’esercizio delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile d’ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.
La parte maggiormente innovativa del testo di legge varato pare, tuttavia, individuarsi all’art. 2, che attribuisce al minore ultraquattordicenne, nonché al genitore (o tutore) di qualsiasi minore che abbia subito atti di bullismo di cui al primo articolo, la facoltà di inoltrare al gestore del sito internet o social media la richiesta di oscuramento, rimozione o blocco dei dati personali diffusi in rete. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 qualora entro 24 ore dal ricevimento dell’istanza il soggetto responsabile non provveda, o qualora quest’ultimo non sia identificabile, l’interessato può rivolgere la richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, il quale provvederà entro le successive 48 ore[8].
L’art. 7 della L.71/2017 stabilisce, inoltre, che «fino a quando non è proposta querela o non è presentata la denuncia per taluno dei reati di cui agli artt. 594, 595 e 612 del codice penale e dell’art. 167 del codice per la protezione dei dati personali (…) commessi mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento», misura già prevista dall’art. 8 della legge n.38 del 2009, in relazione al delitto di atti persecutori introdotto all’art. 612 bis c.p.[9] La disposizione in esame estende ai fenomeni di cyber-bullismo la speciale misura monitoria già prevista in relazione ai c.d. fenomeni di stalking, ovvero l’ammonimento volto ad incidere in via precauzionale/cautelare, quale avviso finalizzato ad interrompere le condotte persecutorie mediante una diffida rivolta dall’autorità di pubblica sicurezza all’autore minorenne, evitando così l’immediata attivazione di un procedimento penale. Rispetto all’ammonimento “ordinario” della L. 38/2009, quello “speciale” previsto dall’art. 7 della L. 71/2017 si differenzia per aspetti che non attengono tanto alla procedura, quanto piuttosto ai presupposti e alle conseguenze dell’istituto. Con riferimento ai presupposti, va ricordato che la richiesta di ammonimento può essere presentata, finché non sia stata presentata la querela o la denuncia per taluno dei reati compresi in un ristretto novero che comprende l’ingiuria (depenalizzato ex D.lgs. 7 del 15 gennaio 2016[10]), la diffamazione, le minacce e il trattamento illecito dei dati personali, commessi mediante la rete internet.
Occorre ancora precisare che l’interpretazione più plausibile della norma in esame deve ritenersi quella approvata dalla Camera dei Deputati in data 20 settembre 2016, in quanto come da quanto originariamente qualificato la procedura di ammonimento non sarebbe applicabile ai reati perseguibili d’ufficio, infatti nelle ipotesi dei delitti di minacce nella forma aggravata (art. 612 comma 2 c.p.) e nei delitti di illecito trattamento di dati personali (art. 167, commi 1 e 2, D.lgs 196/2003), ai sensi del già richiamato art. 331 c.p.p., scatterebbe l’immediato obbligo di denuncia, essendo questi reati perseguibili d’ufficio, per cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio sia venuto a conoscenza nell’esercizio delle funzioni o del servizio; con l’effetto di vanificare lo scopo preventivo dell’ammonimento.
Quanto, infine, alle conseguenze della procedura di ammonimento “speciale” previste (o meglio non previste) dalla L. 71/2017, diversamente dall’ammonimento ordinario definito dall’art. 8 della legge n.38 del 2009, i cui commi 3 e 4 dispongono che, se il delitto di atti persecutori è commesso da un soggetto già ammonito, la pena è aumentata e si procede d’ufficio; essendo tali previsioni non richiamate dalla nuova Legge 71/2017, le uniche conseguenze restano quelle definite nell’art. 7 comma 3, per cui gli effetti della segnalazione cessano al compimento della maggiore età dell’ammonito[11].
In conclusione.
La norma in esame non acquista un carattere precettivo in ambito penale, tanto che l’ampio inventario delle condotte ricomprese nello spettro semantico di bullismo e/o cyber-bullismo non vengono riorganizzate (e magari aggravate) nella formulazione di una nuova fattispecie ominicomprensiva (anche sotto forma di reato progressivo), ma dal punto di vista sanzionatorio occorre comunque rimandare alle singole previsioni penalmente sanzionabili. D’altro canto la norma inquadra la gravità del fenomeno ed individua nella scuola (in particolare nel dirigente scolastico) e nell’Autorità garante per le comunicazioni le posizioni di garanzia e vigilanza, al fine di porre in essere adeguati controlli, affinché il fenomeno del cyber-bullismo, con la diffusione di immagini e contenuti anti-educativi in rete, non diventi fenomeno dilagante e non più controllabile soprattutto nella popolazione dei minori.
Naturalmente, in questo ambito molto deve essere ancora fatto, non dimenticando che i fenomeni di bullismo risultano, sebbene non specificatamente qualificati sotto forma di una sola fattispecie, costituiscono fatti di reato, non scusabili e nemmeno minimizzabili tanto più se posti in essere da minori, che devono essere censurati in prima specie dalla famiglia, che indubbiamente mantiene ruolo primario ruolo nell’educazione e formazione dei minori, sebbene questa legge sorvoli sulla sua funzione di primario nucleo di educazione civica.
[1] Rapporto ISTAT, Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi, Roma 15 dicembre 2015 (http://www.istat.it/archivio/176335); Comunicato CENSIS, Cyberbullismo: aumentano i casi sul web, le scuole sono in allerta, ma le famiglie minimizzano; Roma 10 marzo 2016
[3] La versione approvata in prima lettura alla Camera nella seduta del 20 settembre 2016 conteneva all’art. 8 una modifica dell’art. 612 bis c.p., poi eliminata dal Senato, con la previsione di un nuovo comma 3 per predetto articolo del codice penale, ovvero nei casi in cui il reato di cui al comma 1 fosse «commesso utilizzando tali strumenti mediante la sostituzione della propria all’altrui persona e l’invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, raggiri o minacce o comunque detenuti, o ancora mediante la realizzazione o divulgazione di documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza o di minaccia».
[4] Proposta approvata in data 20 settembre 2016 e in seguito trasmessa al Senato. Per maggiori confronti (http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/-stampati/pdf/17DL0048710.pdf).
[5] N. WILLARD, Cyberbullyng and ciberthreats. Responding to the challenge of on line social aggression threats and distress, Champaign (Il) 2007, cfr. pagg. 5 e ss.
[6] L. 13 luglio 2015 n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, in G.U. 15 luglio 2015 n.162, il cui art. 1 individua tra gli obiettivi formativi prioritari, al cui perseguimento le istituzioni scolastiche sono tenute, lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, con particolare riguardo all’utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media, nonché la prevenzione di ogni forma di discriminazione e del bullismo, anche informatico.
[7] I commi 3 e 4 dell’art. 4 L. 71/2017 prevedono poi che ogni istituto scolastico individui tra i docenti un referente con l’incarico di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyber-bullismo, con la pubblicazione, a cura degli uffici scolastici regionali, di bandi di finanziamento per progetti volti a promuovere sul territorio «azioni integrate di contrasto al cyber bullismo e l’educazione alla legalità».
[8] R. ABETI, La tutela della dignità del minore, l’istanza di rimozione e il ruolo del Garante Privacy; F. SAZANA Di S. IPPOLITO, I soggetti obbligati a oscurare, rimuovere o bloccare qualsiasi altro dato personale del minore diffuso su internet, in Cyberbullismo alla luce della legge 29 maggio 2017, n.71, Dike Giuridica 2017, cfr. pag. 42 e pag.11. A questo proposito occorre segnalare che l’art. 2 comma 1 precisa che le richieste di oscuramento e rimozione possono essere inoltrate anche qualora le condotte in questione, benché rientranti nell’alveo della definizione di cui all’art. 1 «non integrino le fattispecie di trattamento illecito di dati personali previste dall’art. 167 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, né altre fattispecie criminose».
[9] Vd. Legge 23 aprile 2009, n.38, che ha convertito con modificazioni il D.L. n.11 del 23 febbraio 2009, recante misure urgenti in materi di sicurezza pubblica e di contrato alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori, in G.U. 24 aprile 2009, n.95.
[10] Deve ritenersi un errore del Legislatore l’inserzione della fattispecie preventivamente individuata dall’art. 594 c.p. e ora abrogata dal D.lgs 7/2016, il cui art. 4 comma 1 lett. A) ha assoggettato a sanzione pecuniaria tali condotte; tale per cui l’ammonimento speciale della L.71/2017 non può applicarsi per ipotesi non più previste dalla legge come reato.
[11] Vd. Servizio studi del Senato, Cyberbullismo – note sull’A.S. n. 1261-C.
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