Protezione dei testimoni di giustizia: complesso processo di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata

Di Eliana Pezzuto -

Dopo circa quindici anni dall’approvazione della Legge 13 febbraio 2001, n. 45 recante “Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza” – che per prima ha introdotto nel nostro ordinamento delle specifiche norme per la tutela dei testimoni di giustizia – il Parlamento torna in queste settimane ad occuparsi di questo delicato tema, avviando l’esame della proposta di legge C. 3500 (Bindi ed altri) dal titolo “Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia”. La proposta di legge (24 articoli suddivisi in quattro Capi) recepisce molte delle proposte emerse dalle audizioni in Commissione parlamentare antimafia, e contenute nella Relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia approvata dalla stessa Commissione nella seduta del 21 ottobre 2014.

Lo scopo di questa iniziativa parlamentare è quello di superare le difficoltà applicative legate alla mancanza di una disciplina organica in materia: come sappiamo, le norme oggi in vigore sono state inserite all’interno della legge-quadro del 1991, pensata all’epoca per i soli collaboratori di giustizia e incentrata su un rapporto premiale tra i cosiddetti “pentiti” e lo Stato che, in cambio di informazioni sull’organizzazione criminale cui appartengono, garantisce ai collaboratori di giustizia benefici penali, processuali, penitenziari, economici e ogni misura di protezione necessaria all’incolumità fisica loro e delle rispettive famiglie.

Questa impostazione certamente efficace per i collaboratori di giustizia si è, tuttavia, dimostrata inadatta alla figura del testimone che nella sua qualità di libero cittadino estraneo alla criminalità organizzata, decide di fornire un contributo alle indagini – riferendo informazioni su un crimine cui ha assistito o di cui ha notizia – solo in ragione del suo senso del dovere civico e non per riceverne dei vantaggi.

Si è ritenuto, pertanto, necessario dedicare un’autonoma disciplina ai testimoni di giustizia che da un lato sia in grado di ridefinirne i requisiti, differenziando in modo chiaro questa figura da quella dei cosiddetti “pentiti”, e dall’altro consenta di adottare misure di protezione personalizzate che aiutino il testimone a proseguire la sua vita e la sua attività lavorativa nel luogo di residenza, ricevendo contributi economici e il supporto di un referente istituzionale per tutta la durata della misura (che comunque, a differenza di quanto avviene oggi, dovrà essere a tempo determinato).

Questa proposta offre certamente importanti spunti di riflessione e qualora approvata nella sua impostazione darebbe agli addetti ai lavori degli strumenti in più per tutelare i testimoni di giustizia permettendo loro di non subire un eccessivo pregiudizio dall’adempimento di un dovere civico.

Anche questo può essere un passo avanti nel complesso processo di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata.

Tag:, , , , , , , , ,